Le due facce della giustizia

Riportiamo qui di seguito un articolo di Patrizio Gonnella e Luigi Manconi uscito sul quotidiano Europa lo scorso 26 novembre:

La teoria della stigmatizzazione sociale è stata perfettamente realizzata nella vicenda della scuola romana occupata “8 marzo”. I fatti processuali hanno visto come protagonisti cinque ragazzi impegnati con altri, in un’occupazione di un edificio pubblico abbandonato.
L’ambientazione è quella di una classica periferia romana. Oramai due mesi addietro (14 settembre), un numero di carabinieri così numeroso da far pensare a un’operazione antimafia arresta, nel quartiere della Magliana, cinque persone, in prevalenza giovani, e a quattro di loro, con i tipici eccessi della custodia cautelare, viene fatta “assaggiare” l’esperienza, non propriamente educativa, del carcere.
Dopo alcune settimane la misura detentiva viene trasformata in arresti domiciliari. I protagonisti della storia – ovvero gli indagati – sono ricercatori universitari e operatori sociali; due sono ancor’oggi agli arresti domiciliari. Le prescrizioni che stanno ancora subendo, di fatto hanno messo a rischio la loro attività professionale.
Ecco come la giustizia penale può rovinare le vite lavorative di giovani presunti innocenti. La vicenda della scuola “8 marzo” presenta tutte le caratteristiche dell’attuale amministrazione della giustizia: simbolicamente forte nei confronti dei deboli e dei nemici (i poveri, gli immigrati, i disturbatori dell’ordine sociale, chi fa politica fuori dalle istituzioni…), simbolicamente lenta nei confronti di coloro che hanno risorse finanziarie per una adeguata difesa legale.
In un paese come il nostro dove quasi il 50 per cento della popolazione reclusa è costituito da uomini e donne in attesa di giudizio, i casi di uso sanzionatorio e punitivo della custodia cautelare e dell’azione giudiziaria sono purtroppo molto frequenti.
I motivi per cui viene imposta una misura cautelare non possono che essere quelli previsti dal codice di procedura penale. Spesso però la custodia cautelare viene fatta coincidere con la sanzione, penale e pubblica.
Così è avvenuto per i cinque della scuola “8 marzo”. Il processo si poteva fare anche senza l’applicazione di misure detentive. In un caso come questo è stata accordata una punizione pubblica – la perdita del posto di lavoro – prima, assai prima, che il processo fosse arrivato a sentenza finale.
Si tratta di un caso classico di uso simbolico dell’azione di polizia e della misura cautelare. Non sappiamo se c’è stata una strategia coordinata. Sappiamo però che in questo modo si rovinano le vite delle persone.

 

 

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